Per oltre un secolo l’immagine corporea è stato oggetto di interesse in svariati campi delle scienze umane e naturali.
L’immagine corporea è fortemente influenzata da fattori culturali e stereotipi riguardanti canoni estetici (per esempio peso e altezza); inoltre, le esperienze positive e negative con la famiglia, gli amici, il coniuge e i partner connessi a fattori emozionali (come la tendenza verso la depressione, l’ansia, un senso generale di benessere) influenzano i sentimenti che riguardano il proprio corpo.
Tutti questi fattori si combinano e convergono in modi differenti a seconda delle persone e contribuiscono a determinare un livello di soddisfazione o insoddisfazione corporea.
Le varie definizioni dei concetti di schema e immagine corporea possono essere inscritte in due aree di formulazione:
- l’area neurologica secondo cui lo schema del corpo coincide con la rappresentazione topografica che il soggetto costruisce percettivamente;
- l’area psicologica che ha definito l’immagine corporea come l’insieme degli atteggiamenti, vissuti, sentimenti e modi di pensare, dal punto di vista soggettivo, il corpo. (Zappa, Caslini,2009).
Il fondatore delle attuali teorie dello sviluppo riguardanti l’immagine corporea è Paul Schilder.
Egli riconosce che le componenti essenziali della nostra esperienza corporea sono le attitudini e le emozioni. L’esperienza corporea opera sia a livello della coscienza sia al di fuori della nostra consapevolezza, nel privato e nello spazio sociale.
Schilder intreccia diversi orientamenti (psichiatria, psicologia, psicoanalisi) per sottolineare il carattere di globalità con cui viene appreso lo schema corporeo e, pur affrontando l’argomento da un punto di vista prevalentemente neurologico, va a stabilire un punto di partenza per tutte le riflessioni ed elaborazioni del concetto di immagine corporea sviluppatesi successivamente.
Dopo gli anni Cinquanta, l’interesse dei ricercatori si è spostato progressivamente dal concetto di schema corporeo a quello di immagine corporea, più idoneo a spiegare la complessità delle esperienze legate al corpo (Zazzo, 1978), focalizzandosi principalmente sui fattori emotivi in rapporto alla valutazione personale, agli interessi del singolo e al confronto con gli altri.
La maggior parte della ricerca contemporanea sull’immagine corporea utilizza dei paradigmi cognitivi secondo cui la conoscenza corporea si compone di “una componente tacita” dovuta all’interazione diretta con il mondo e solo parzialmente traducibile in termini linguistici, e di una “componente esplicita” esprimibile in forma linguistica.
Questi livelli di rappresentazione del corpo interagiscono tra loro e si strutturano costituendo un insieme di entità dinamiche in costante evoluzione.
In questa prospettiva, l’esperienza corporea si articola in tre dimensioni:
- la dimensione percettiva (senso di propriocezione generale e percezione delle sensazioni interne al corpo)
- la dimensione emozionale (connessa alla percezione delle modificazioni corporee ed ai pensieri sull’aspetto estetico)
- ed infine la dimensione cognitiva (in cui rientra il condizionamento culturale sui canoni di bellezza e sugli ideali estetici che caratterizzano gli stereotipi sociali) (Rezzonico e Strepparava, 1998).
Lo schema corporeo corrisponde alla percezione diretta del proprio sé corporeo e presiede all’orientamento delle parti del corpo in relazione le une alle altre.
L’immagine corporea è, invece, un costrutto multidimensionale che comprende le dimensioni sensoriali, affettive, cognitive, emozionali e culturali.
L’immagine corporea assume, dunque, un ruolo fondamentale nell’interpretazione della realtà e nell’attribuzione di significato alle esperienze.
Tuttavia, un costrutto così complesso può essere soggetto a molteplici alterazioni, che vengono definite da Thompson (1995) come “ogni forma di disturbo affettivo, cognitivo, comportamentale o percettivo direttamente connesso con l’aspetto fisico”. Tra queste si possono trovare: l’insoddisfazione per il proprio aspetto estetico, l’eccessiva importanza attribuita alla forma e peso corporeo che può portare il soggetto ad esercitare un controllo ossessivo su di esso, una ridotta consapevolezza delle proprie sensazioni e stati interni e l’evitamento di costi sociali in cui vi è la possibilità di giudizio rispetto al proprio corpo.
La fenomenologia oltrepassa il concetto di schema corporeo e cerca un’articolazione tra il biologico e lo psicologico poiché non è possibile differenziare fisico e psichico del corpo, nel momento in cui si pensa al corpo come al veicolo del” essere al mondo”, che acquisisce significato nel rapporto con gli altri.
BIBLIOGRAFIA: Zappa L. (2009), Alice in fuga dallo specchio. Il disturbo dell’immagine corporea nell’Anoressia Nervosa e nei DCA. Un modello integrato di trattamento, Franco Angeli – Rezzonico G., Strepparava M.G., (1998). Schema corporeo ed immagine corporea nei disturbi alimentari psicogeni, in Bauer B., Ventuta MT (a cura di) Oltre la dieta. Una nuova cultura per i disturbi alimentari. Centro scientifico ed., Torino, 258-86. – Thompson, J.K. & Gray J.J. (1995). Development and validation of a new body image assessment scale. Jurnal of Personality Assessment, 64:258-269. – Zazzo R. (1978). Immagine speculare e immagine antispeculare. Esperienze sulla costruzione dell’immagine di sè. Età evolutiva, 1:5-11.